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Take my hand, take my whole life too

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Se il buongiorno si vede dal mattino, io oggi ho scoperto di soffrire di cherofobia. La cherofobia è la paura di essere felici perché si pensa che qualcosa di terribilmente brutto stia per accadere.
Facendo un’attenta analisi su me stessa ho notato di essere cherofobica da diversi anni ormai, più o meno da quando avevo 12 anni. Prima ero una bambina spensierata ed entusiasta della vita, niente aveva il potere di buttarmi giù. Mi rialzavo ogni volta con il sorriso, convinta che il secondo tentativo sarebbe stato quello buono. Oggi mi rialzo solo perché, se rimanessi a terra, ci sarebbe sicuramente qualcuno che mi passerebbe sopra rompendomi ogni singolo osso.
Non ho ancora capito quale sia il meccanismo che si innesca quando cresciamo. Forse siamo tutti già programmati – c’è chi nasce ottimista, chi tipicamente leopardiano e chi infinitamente angosciato – e ci accendono l’interruttore allo scoccare della mezzanotte di un fantomatico e fatidico giorno. Per poi farci aprire gli occhi e non capire come abbiamo fatto a diventare il nostro opposto così repentinamente. Oppure magari esiste un’altra teoria, come quella del cappello di Harry Potter, che ci smista a seconda della nostra casa di appartenenza. Tutto quello che so è che non ho scelto io di essere così e cambiare mi resta impossibile.
Non ho scelto io di vivere nell’ansia di scoprire cosa ha in serbo per me il destino dopo che mi ha dato il contentino. Non ho scelto io di avere questa spada di Damocle sulla testa. E non ho scelto io di non godermi le giornate di sole per paura dell’imminente nubifragio.
Semplicemente sono così e non sono per niente facile da gestire.

Stare con me è complicato. Ci vuole pazienza e tanta determinazione. Sono tremendamente ansiosa e ho un continuo bisogno di lei, che è in grado di calmarmi solo con un bacio. Non sopporto il contatto fisico, ma adoro prenderle la mano quando guida, sfiorarle le dita delicate e stringerle tra le mie. Non parlo molto, preferisco andare avanti a sguardi. Rido sempre e ballo spesso. Ballo mentre rifaccio il letto o riordino la camera, ballo anche mentre faccio la spesa, destando l’attenzione dei vecchietti che mi osservano con stupore e malinconia. Piango quando non mi vede nessuno e rubo attimi di vita con una foto. Non mi piacciono i litigi, non sono nella mia indole, ma andrei contro tutto e tutti se servisse ad aiutare qualcuno in difficoltà. Sono emotiva, introversa e in continuo stato di agitazione. A volte assomiglio ad una molla impazzita. Sarà per questo che da piccola mi hanno iscritto a danza. Non riesco a stare seduta in una posizione normale: le gambe si trovano sempre aggrovigliate in contorsionismi circensi. Ogni tanto leggo persino a testa in giù, con i piedi sullo schienale del divano e il busto a penzoloni. Canto e rivisito canzoni a mio piacimento, inventando pezzi rap che fanno invidia alle filastrocche delle recite di Natale. Divento particolarmente irritabile verso chi mi dice cosa devo fare, soprattutto perché io non mi permetterei mai. Guidare mi mette ansia, tanto che anche d’inverno guido in canottiera perchè altrimenti suderei troppo. Non amo guidare la notte perché sono miope e faccio difficoltà. Lo faccio solo se costretta. Adoro il mare, ma sono terrorizzata dall’acqua alta perché non riesco a vedere cosa c’è sotto. Il non sapere qualcosa mi ha sempre destabilizzato infatti. Quando sono nervosa mi mordo le labbra, spesso senza neanche rendermi davvero conto di quanto faccia forte. Il buio mi dà sicurezza, ho sempre la serranda della mia camera a metà. Metà luce e metà ombra, proprio come la personalità di ognuno di noi.

Lei però mi accetta così come sono. Sono dieci anni che accetta ogni singola parte di me e se la fa andare addirittura bene. Si è anche innamorata di una come me. E già questa mi sembra una pazzia.
Ecco spiegato perché sono cherofobica. Le cose belle non mi succedono mai e lei è la cosa migliore che potesse accadermi.

Riflessioni

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Oggi è uno di quei giorni malinconici in cui vorrei solo arrotolarmi in una morbida coperta avvolgente e sprofondare in un sonno interminabile.
Eppure dovrei ritenermi fortunata, dovrei essere felice del mio piccolo traguardo (e lo sono, sia ben chiaro), ma accontentarsi e fingere che sia tutto un angolo di paradiso non è mai stato il mio forte.
Sono felice per qualcosa che dovrebbe essere la normalità e che non dovrebbe neanche suscitare notizia. Sono felice che i miei (o meglio mia madre e mia nonna) non mi abbiano cacciato di casa al sapere che la ragazza che gira per casa da otto anni, non è la mia migliore amica, ma la mia fidanzata.
Sono felice che gran parte dei miei più cari amici ci abbia accettate perché “non vedo dove sia il problema, per noi rimanete sempre voi e ci va bene così” .
Sono felice per non essere stata considerata un abominio semplicemente dichiarando di essere me stessa.
Sono felice di essere, ma infelice di non emergere.

Ci stanno obbligando a nasconderci perché non ci venisse in mente di andare in giro abbracciati con la nostra dolce metà o addirittura -eresia- di baciarci, non starebbe bene, poi “chissà cosa pensano i bambini”.
Ci stanno obbligando ad amarci, ma in casa nostra perché “non sta bene far sapere agli altri gli affari nostri” .
Ci stanno obbligando ad esistere, impedendoci di vivere. E io dovrei pure esserne felice.

Mi sento come se fossi in un’immensa bolla di sapone: vedo il mondo distruggere altre bolle come me, speranzosa del fatto che lo spillo, capace di disintegrarmi, non mi punga mai, ma sufficientemente cosciente del fatto che una bolla di sapone possa esplodere anche dall’interno.

©A